“Why Nike Sucks Right Now”
Con l’annuncio di un presunto declino dell’impero di Nike da parte di alcuni influenti opinion leaders della sneakersfera (un po’ la stessa cosa che si diceva di adidas verso la fine degli anni 10) ed altri eventi che hanno scosso o semplicemente lentamente risplamato il mondo cultura della calzatura sportiva, ci troviamo di fronte ad un periodo di oscura transizione, dai contorni per certi versi inediti, se pensiamo a come abbiamo imparato a conoscere lo street style e il mondo dello sport negli ultimi decenni. A fine giugno la multinazionale americana avevo visto un crollo in borsa di oltre dodici punti percentuali delle proprie azioni.
Ma al di là di questi dati prettamente finanziari, si parla anche di una diluizione della legacy di Nike, che è un discorso più culturale. Si parla di DNA e tradizione, ma anche e soprattutto innovazione. Possiamo dire che la “tradizione” di Nike – cioè la sua attitudine, la sua mission – è sempre stata quella di una tensione all’innovazione (qui si può ascoltare il punto di vista di Chris Chase di Wear Testers su questo momento di Nike).
Il calo dei prezzi di reselling, la fine della linea Yeezy, L’ascesa di nuovi player, l’interesse per calzature più utility e tecniche, trend gorpcore e dad shoes che ormai sono più che affermati: stiamo assistendo ad un’evoluzione del mondo delle sneakers che è pienamente nella sua fase, in un certo senso, post-moderna e “matura”. Qui, nella fase apparentemente discendente di una parabola culturale.
Abbiamo anche assistito alla causa di Nike contro Bape (per i modelli rip-off di altre celebri silhouette dello swoosh) e alla più recente diatriba contro “The Shoe Surgeon”, cioè Dominic Chambrone , divenuto celebre per i suoi custom arditi e noi diremmo anche parecchio sopra le righe.
La filosofia DIY è parte integrante della sneaker culture, storicamente nutrita dal basso da un fermento sottoculturale mai domo di di appassionati, artigiani, artisti e collezionisti.
E se Complex al contempo ci redarguisce e ci consola, dicendo che in fondo “stiamo solo invecchiando”, noi vorremmo aggiungere il nostro commento.
Le grandi narrazioni di questa sottocultura procedono ormai verso una piena storicizzazione, sia da un punto di vista del design e del gusto, sia dal punto di vista dello storytelling e della concezione di status.
Quando alcuni modelli Yeezy sono apparsi super-scontati, abbiamo letto e ascoltato sempre più commenti che ci indicavano che il fascino dietro alle calzature firmate da Kanye West e il suo team era ormai svanito, quando poi i modelli scontati o rimasti sugli scaffali sono per lo più quelli che già in precedenza avevano avuto meno successo, mentre, ad esempio, gli appassionati hanno fatto sparire le 350 Pirate Black in pochi istanti. Ma è ovvio che si parla di oggetti che hanno subito sicuramente subito una mutazione di percezione dopo la rottura tra West e Adidas, e le conseguenti affermazioni strafottenti e denigratorie del rapper e producer.
Dall’altra parte, la collaborazione tra Jordan/Nike e Travis Scott ha generato una lista sempre più lunga di modelli (soprattutto AJ1) rivisti secondo l’estetica distopica e distorta del rapper di Houston, fino ad arrivare alle due silhouette create ex-novo di quest’anno (nessuna delle due di particolare bellezza e autorevolezza). Scott è diventato così potente che gli è bastato dire di mettere lo swoosh in reverse alle storiche Mac Attack per far levitare il prezzo in reselling della scarpa resa celebre dal tennista John McEnroe, uscita nella versione base poco tempo prima.
E se oggi il lifestyle e modelli performance si avvicinano e si allontanano in un rapporto che potremmo definire “a fisarmonica”, un modello in particolare sta creando una piccola rivoluzione estetica e culturale, nella percezione della scarpa “cool”. Le AE1 di adidas, la scarpa di Anthony Edwards, col suo linguaggio quasi yeeziano ultra-futuristico, in un tempo nel quale il termine “futuristico” ha cessato di avere il fascino che aveva forse tra la fine dello scorso millennio e gli anni duemila (con la cosiddetta estetica Y2K), sembra star appassionando sia gli sportivi che i trend-setter.
Cosa ci aspetta dunque in questa impasse tra passato e pseudo-futuro?
Lo scopriremo insieme nel viaggio di THEKICKSAGE.